martedì 4 dicembre 2018

Un test preconcepimento per rilevare la fibrosi cistica

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente Genetica



Tra i possibili accorgimenti che una coppia può adottare per tutelare la salute del nascituro, ci sono anche i test preconcepimento. Grazie a questo test gli aspiranti genitori possono rilevare se sono portatori sani di malattie autosomiche recessive o di malattie genetiche recessive legate al cromosoma X. I test genetici preconcepimento sono consigliati per diverse malattie genetiche ereditarie, tra cui la fibrosi cistica (FC).
La fibrosi cistica è causata da una mutazione del gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator). Il gene codifica la sintesi della proteina omonima, che controlla il movimento del cloro e di conseguenza dell’acqua.
 La malattia si manifesta quando il bambino eredita due copie alterate del gene CFTR, una da ogni genitore. Se i genitori possiedono una copia alterata del gene non risultano affetti da fibrosi cistica, ma possono trasmettere il gene difettoso al nascituro. Con il test genetico preconcepimento è possibile verificare se i due aspiranti genitori sono portatori sani del gene1.

Solo in Italia si registrano circa 200 nuovi casi di fibrosi cistica all’anno, che corrispondono più o meno a 1 neonato ogni 2.500-3.000 nati2.
La diagnosi avviene tramite un test del sudore con il quale si misura la concentrazione di sale nel sudore. Nel caso in cui la concentrazione sia anomala, la presenza della malattia potrà poi essere confermata o meno dall’identificazione della mutazione nel gene CFTR. Per le coppie in attesa è disponibile anche un test di diagnosi prenatale invasivo, la villocentesi2.

In cosa consiste la fibrosi cistica?
La fibrosi cistica è una malattia genetica che colpisce le ghiandole che producono muco e sudore3. Il grado di coinvolgimento è variabile e in alcuni casi la sintomatologia è minore e in altri maggiore. Dal punto di vista fisico, la malattia non presenta segni evidenti, infatti viene definita anche “malattia invisibile”1. Ciononostante, le conseguenze possono essere molto gravi e coinvolgere:
·       apparato respiratorio;
·       apparato digerente;
·       apparato riproduttivo;
·       pancreas.
Nelle persone che soffrono di fibrosi cistica il muco è più denso del normale e tende a creare depositi, che bloccano vie respiratorie e apparato digerente3. Il muco ostruisce tutti i dotti, tra i quali quelli che uniscono pancreas e intestino tenue. La carenza cronica di succhi pancreatici provoca problemi di assorbimento dei nutrienti: si fa fatica a digerire grassi, amidi e proteine. Questo provoca il deficit di vitamine liposolubili, che porta alla perdita progressiva della funzione polmonare1.
Oltre a quanto detto sopra, i depositi di muco aumentano il rischio di infezioni batteriche. Chi soffre di fibrosi cistica è quindi soggetto a infezioni respiratorie ripetute, che possono danneggiare i polmoni. Rischia inoltre problemi intestinali e soffre spesso di dolori addominali3.

I principali sintomi della fibrosi cistica sono:
·       sudore salato;
·       scarso accrescimento in altezza e peso;
·       diarrea cronica;
·       frequenti infezioni bronchiali e polmonari;
·       tosse cronica;
·       affanno;
·       respiro sibilante1.

Il test genetico preconcepimento permette di sapere se i genitori sono portatori sani di malattie che possono essere trasmesse al feto durante la gravidanza, una di queste è proprio la fibrosi cistica. Si tratta di un test innovativo e unico a cui le coppie possono sottoporsi per conoscere il rischio riproduttivo in anticipo, così da pianificare il percorso riproduttivo più idoneo. Si effettua con un semplice prelievo ematico su entrambi i genitori. Si consiglia il consulto con uno specialista in genetica medica.
Per maggiori informazioni sul test genetico preconcepimento IGEA: www.sorgentegenetica.it

Fonti:
1 – Lega Italiana Fibrosi Cistica – www.fibrosicistica.it
2 – Telethon – www.telethon.it
3 – Humanitas – www.humanitas.it

giovedì 18 ottobre 2018

Anomalie cromosomiche in gravidanza: cos’è la Sindrome di Edwards?


A cura di: Ufficio Stampa Sorgente Genetica

La gravidanza è un periodo nel quale la futura mamma sperimenta nuove emozioni, e subisce anche importanti cambiamenti nel proprio corpo. Spesso è afflitta da dubbi su come gestire la propria salute e quella del nascituro, o su quali possono essere gli esami di screening più indicati da svolgere per individuare eventuali anomalie cromosomiche in gravidanza.

Il primo consiglio è di rivolgersi sempre al proprio ginecologo, che saprà indirizzare verso il test più idoneo. Gli esami di diagnosi prenatale sono invasivi, come l’amniocentesi, ma ci sono anche esami di screening non invasivi, come il test del DNA fetale.
Questi ultimi restituiscono la percentuale per cui il feto è affetto da anomalie cromosomiche, quali la sindrome di Down, di Edwards, o di Patau. L’età della gestante, superiore a 35 anni, accresce l’incidenza di tali patologie nel feto1.

Tra le anomalie cromosomiche, la seconda più comune è la sindrome di Edwards, caratterizzata da un cromosoma 18 in più. Ogni anno colpisce 1 neonato su 8.0002.

I bimbi affetti dalla sindrome di Edwards non sopravvivono oltre le 2 settimane, e raramente compiono il primo anno di vita3. Di solito la gravidanza termina con un aborto spontaneo3.

I tratti distintivi di questa sindrome sono:

·       malformazioni al viso o alle orecchie;
·       bocca o palpebre ristrette;
·       grave ritardo cognitivo;
·       difetti cardiaci3.

Sottoporsi a un test di screening potrebbe aiutare a scoprire alterazioni cromosomiche fetali come questa. I test sono vari, e la scelta può essere fatta in base al tasso di attendibilità, oppure all’anticipo con il quale si vogliono conoscere le condizioni del bimbo.

Dalla 10a settimana si può fare il test del DNA fetale, che tramite un prelievo ematico, permette di analizzare i frammenti di DNA del feto in circolo nel sangue della madre, con un affidabilità del 99,9% nell’individuazione delle più diffuse trisomie e delle maggiori microdelezioni.

Il Bi test in associazione alla translucenza nucale (un’ecografia), affidabile all’85%, è fattibile tra l’11a e la 13a settimana, mentre tra la 15a e la 17a si può eseguire il Tri test, affidabile al 60%.

Quando un test di screening rileva un’anomalia, è necessario accertare l’esito con un test diagnostico invasivo.

Per avere informazioni su quale sia l'esame più idoneo cui sottoporsi, è sempre bene chiedere consiglio al proprio ginecologo.

Per maggiori informazioni: www.testprenataleaurora.it

Fonti:
1) Embriologia medica di Langman di Thomas W. Sadler, a cura di R. De Caro e S. Galli; 2016
2) Ecografia in ostetricia e ginecologia di Peter Callen; 2009
3) Medicina dell'età prenatale: Prevenzione, diagnosi e terapia dei difetti congeniti e delle principali patologie gravidiche -Di Antonio L. Borrelli, Domenico Arduini, Antonio Cardone, Valerio Ventrut