mercoledì 16 novembre 2016

Gravidanza: a quali test di screening sottoporsi?

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente Genetica

La gravidanza è un momento molto delicato, bellissimo, ma anche molto stressante per la futura madre.
Per garantire la propria salute e quella del piccolo in grembo, è necessario che la futura mamma si prenda cura di sé stessa: è importante sottoporsi alle regolari visite ginecologiche ed effettuare test di screening prenatale, quali il test del DNA fetale.
Oggigiorno esistono molti test di screening prenatale non invasivi che possono essere svolti in momenti diversi della gestazione. Quale scegliere in base alla tempistica e al tasso di affidabilità? Vediamo insieme i diversi test di screening prenatale a cui la gestante può sottoporsi.

Durante il primo trimestre si eseguono il Bi Test e la translucenza nucale. Questi esami vengono svolti in simultanea, durante una stessa visita ginecologica, tra l’11esima e la 14esima settimana di gestazione.
Il Bi test consiste in un dosaggio ematico (sul sangue della gestante) di due proteine: Free BetaHCG e PAPP-A. I valori alterati di queste proteine possono suggerire la presenza di anomalie nel feto. Inoltre, la translucenza nucale, eseguita tramite uno strumento ecografico, permette di prendere misurazioni sul feto. Se queste discostano da parametri standard allora potrebbero essere necessari ulteriori approfondimenti con esami diagnostici invasivi, quali amniocentesi e villocentesi. Il Bi Test ha affidabilità pari a circa l’85% 1. Il Bi Test è un esame di tipo “probabilistico”, cioè non fornisce una diagnosi ma una probabilità sul rischio che il feto presenti anomalie cromosomiche, quali la Sindrome di Down.

Più precocemente, a partire dalla decima settimana di gravidanza, si può svolgere il test del DNA fetale, esame assolutamente non invasivo e con alta affidabilità, pari al 99,9%2.
Questo test viene effettuato su un campione di sangue della gestante. Tramite appositi macchinari di ultima generazione verranno ricercati in esso piccoli frammenti di DNA fetale e verranno analizzati alla ricerca di anomalie genetiche o cromosomiche, quali la trisomia 18 e la 21.

Il test di screening che si può svolgere più tardivamente è il Tri Test, che si effettua tra la 15esima e la 18esima settimana di gravidanza. Anche in questo caso, un’analisi ecografica viene combinata con un’analisi sul sangue materno. Sul sangue della madre si analizzano i valori di tre sostanze: l'alfafetoproteina (AFP), l'estriolo non coniugato e la gonadotropina corionica. L’esame ecografico, permetterà infine di avere ulteriori informazioni sullo stato di salute del feto e sull’eventuale presenza di difetti nello sviluppo quali la sindrome di Down o la spina bifida. Il Quadri Test è una variante di questo esame. Nel sangue della gestante viene analizzata una quarta molecola, l’ormone inibina A. Anche in questo caso, si tratta di esami probabilistici, non diagnostici, con affidabilità del 70% .

Tutte le donne in dolce attesa dovrebbero sottoporsi a test di screening prenatale ma, in particolare, indagini approfondite sono indicate alle donne che presentano fattori di rischio quali età superiore ai 35 anni o casi di anomalie genetiche in famiglia.
Se un test di screening prenatale indica la possibilità che il feto sia affetto da un’anomalia cromosomica, la gestante dovrà sottoporsi ad esami di diagnosi invasivi, che saranno in grado di definire con certezza lo stato di salute del feto.

Il tuo ginecologo ti aiuterà a scegliere il test di screening prenatale più adatto a te e al tuo piccolo. 

Scopri tutto sul test prenatale non invasivo del DNA fetale! Visita il sito www.testprenataleaurora.it

Fonti:
1. Medicina dell'età prenatale: Prevenzione, diagnosi e terapia dei difetti congeniti e delle principali patologie gravidiche Di Antonio L. Borrelli, Domenico Arduini, Antonio Cardone, Valerio Ventrut.
2. Poster Illumina ISPD_2014 Rev A.

mercoledì 26 ottobre 2016

Farmaci: vademecum per le future mamme e per i bambini

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente

Sembra banale sottolinearlo, ma è fondamentale che le future mamme tengano monitorato il proprio stato di salute e quello del piccolo, effettuando periodicamente controlli ed esami specialistici. Inoltre, per una maggiore tranquillità le donne in dolce attesa possono scegliere di effettuare un test prenatale non invasivo per verificare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche nel feto e conservare le  cellule staminali del cordone ombelicale.

Nel caso in cui insorgano malattie, spesso le donne in gravidanza non sono sicure dell’utilità di assumere farmaci, pensando che possano avere conseguenze negative sulla salute del feto. Per evitare ogni dubbio e insieme salvaguardare la salute delle donne in dolce attesa, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha scelto di dedicare un intero portale web all’informazione relativa al corretto utilizzo dei farmaci, anche nel periodo della gestazione.

Innanzitutto occorre sottolineare che non tutti i farmaci danneggiano la salute del feto. Ovviamente possono essere considerati sicuri quelli che vengono prescritti direttamente dal medico di base. Le donne in gravidanza affette da patologie croniche e che seguivano una terapia farmacologica già prima di rimanere incinta, devono consultare uno specialista per stabilire se e come continuare il trattamento. Interrompere in modo improvviso un trattamento, infatti, può avere un effetto negativo; occorre piuttosto determinare insieme al medico nuovi dosaggi da seguire durante la gravidanza oppure scegliere eventualmente un farmaco alternativo.
Se da un lato, durante i nove mesi di gestazione, l’assunzione di farmaci deve essere ridotta al minimo dalle future mamme, dall’altro è necessario valutare bene dopo il parto la possibilità di somministrare dei farmaci al neonato. L’Aifa ha ribadito all’interno delle sue ultime campagne di comunicazione1 come tantissimi genitori siano ancora erroneamente convinti che i bambini possano assumere i medesimi farmaci utilizzati dagli adulti, solo con una dose più piccola. Invece, è importante per i genitori attenersi strettamente alle prescrizioni mediche.

Può accadere comunque che adulti o bambini sviluppino patologie trattabili mediante infusione di cellule staminali. In questo senso, il Ministero italiano della Salute ha reso noto - all’interno del decreto ministeriale 18 Novembre 2009 - che il trapianto di cellule staminali cordonali rappresenta una valida opzione terapeutica per il trattamento di oltre 80 patologie2.

In conclusione, per prevenire lo sviluppo di malattie o curare patologie già in essere, è fondamentale attenersi alle prescrizioni del medico o dello specialista, che raccomandano sempre la terapia più efficace e sicura, sia che si tratti dell’assunzione di determinati farmaci sia che si basi su altre tipologie di trattamenti, come per esempio il trapianto di staminali del cordone ombelicale.

Per approfondimenti sulle cellule staminali cordonali, è possibile consultare il sito www.sorgente.com

1. Campagna di comunicazione AIFA "Farmaci e pediatria" (anno 2014).

2. Decreto ministeriale 18 novembre 2009 “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato”.

giovedì 29 settembre 2016

Cancro al seno: esami di screening per una diagnosi precoce e fattori di rischio

A cura di: Ufficio stampa Sorgente Genetica

Quello al seno è il tumore più comune tra le donne (colpisce ogni anno 1 donna su 9). Individuato quando è in uno stadio troppo avanzato, può portare a gravi conseguenze, ed è la prima causa di decesso per tumore tra la popolazione femminile1. Per questo è importante sottoporsi a esami come il test BRCA1.


L'insorgere del tumore al seno è causato dalla produzione incontrollata di alcune cellule da parte delle ghiandole mammarie, che si trasformano in cellule maligne e possono attecchire sui tessuti limitrofi. Il tumore alla mammella si distingue in invasivo e in situ. Il primo si diffonde nei tessuti circostanti generando metastasi, il secondo resta circoscritto al'interno dei lobuli e dei dotti mammari senza diffondersi nei tessuti vicini.

I tipi più comuni di cancro al seno riguardano le cellule dei lobuli (legate alle ghiandole mammarie) o quelle dei dotti lattiferi. Quest'ultimo è il più diffuso comprende il 70% dei casi di cancro2.

Alcuni fattori di rischio sono:

     familiarità: le probabilità di sviluppare un cancro al seno o all'ovaio crescono se il soggetto ha un familiare cui è stato diagnosticato uno dei due tipi di patologia oncologica;
     età: l'insorgere del tumore al seno aumenta con l'avanzare dell'età. Nonostante ciò esso colpisce le donne con meno di 55 anni nel 60% dei casi;
     mutazione dei geni: questi due tipi di cancro sono associati alla mutazione del gene BRCA. Le donne con questa mutazione sono più a rischio.

Aumentare la percentuale di sopravvivenza è possibile con la diagnosi precoce. Le possibilità di sopravvivenza a 5 anni nelle donne colpite dal tumore al seno sono del 98%3 se esso viene diagnosticato quando si trova nello stadio zero, ossia ancora in situ.

Per la prevenzione è fondamentale eseguire uno screening per il cancro alla mammella e affidarsi a un senologo per una serie di visite. Fare inoltre un'autopalpazione del seno, per indagare la presenza di noduli e/o secrezioni.

Sottoporsi al test genetico capace di individuare anomalie del gene BRCA è un modo di fare diagnosi precoce. Si analizza il DNA presente nel campione di saliva prelevato dalla donna, per indagare eventuali anomalie nei geni BRCA1 e BRCA2, associati a diverse tipologie di tumore a seno e ovaie4. Un risultato positivo a mutazioni non significa tuttavia che sia presente un tumore.

L'ecografia mammaria è un test di screening che individua noduli e cisti. La mammografia individuando le forme tumorali quando non sono ancora riscontrabili dalla palpazione, è l'esame più attendibile per la rilevazione dei tumori al seno.

Per maggiori informazioni: www.brcasorgente.it


Fonti:
1. I numeri del cancro 2014 – pubblicazione a cura di Aiom, Ccm e Artum
2. Nastro Rosa 2014 – LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori)
3. Airc – Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro
4. Campeau PM, Foulkes WD, Tischkowitz MD. Hereditary breast cancer: New genetic developments, new therapeutic avenues. Human Genetics 2008; 124(1):31–42

martedì 13 settembre 2016

Il legame tra cibo, gravidanza e cellule staminali cordonali

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente

Nonostante il nostro paese sia basato sulla cultura del “mangiar bene”, per molte persone il rapporto con il cibo rimane un problema. Anche durante la gravidanza l’alimentazione ha un ruolo fondamentale, tanto che è stato scoperto che essa incide addirittura sulla qualità delle cellule staminali del cordone.

Sul sito del Ministero della Salute1 si può trovare un utile vademecum ricco di consigli sul regime alimentare da mantenere durante la gravidanza, per mantenere il benessere della gestante e tutelare lo sviluppo del bambino. Tra i vari consigli troviamo: bere molto e scegliere frutta e verdura di stagione ben lavata, fare 4 o 5 pasti al giorno, consumare carni bianche, pesce come merluzzo, sogliole, nasello e trote ben cotti, limitare zucchero, caffè e uova ed evitare carni e pesci crudi, cibi grassi, insaccati e bevande alcoliche.


Oltre al rapporto cibo-gravidanza, esiste anche un legame tra alimentazione dei genitori (prima e durante la gravidanza) e le cellule staminali del cordone ombelicale, come sottolineato da uno studio2 del gruppo di medicina rigenerativa dell’Ospedale San Matteo di Pavia.
Gli elementi costitutivi dei cibi, infatti, influenzerebbero lo sviluppo di spermatozoi e ovociti, che potrebbero avere conseguenze a loro volta sulle staminali del cordone ombelicale. Secondo lo studio, i figli delle donne ipernutrite o malnutrite potrebbero avere meno cellule staminali e quindi difese immunitarie più basse.
La presenza di un numero minore di cellule staminali potrebbe compromettere la salute dell’individuo in quanto la perdita di cellule è quotidiana e fisiologica, e  non solo legata alla presenza di una malattia. Le staminali sono un potente strumento terapeutico per trattare numerose malattie, infatti sono sempre di più le ricerche scientifiche che ne studiano le applicazioni in ambito clinico. Per questo motivo è importante valutare la possibilità di conservare le cellule staminali del cordone ombelicale per averle a disposizione in caso di necessità.
Per maggiori informazioni sulla conservazione del sangue cordonale consulta il sito www.sorgente.com

Note

1. Gravidanza, corretta alimentazione”. Ministero della Salute
2. Per informazioni sullo studio La Provincia Pavese

lunedì 25 luglio 2016

Poche semplici regole sull’alimentazione durante l'allattamento

A cura di: Ufficio Stampa Ok Corso Preparto


Durante la gravidanza è molto importante mantenere un’alimentazione equilibrata, così come nel corso della vita. Ciò che mangia la donna passa al bambino, per questo è fondamentale assumere i giusti nutrienti e, dopo la nascita, seguire un’appropriata dieta per l'allattamento.
Vediamo insieme quali sono alcune semplici regole da seguire.

La neomamma non deve necessariamente apportare drastici cambiamenti alla sua dieta, ma è giusto adottare alcuni accorgimenti nella scelta degli alimenti come, ad esempio, i cibi che non sono tollerati dall’organismo. Tra gli alimenti che è meglio evitare vi sono quelli che possono scatenare reazioni allergiche, come le fragole, i crostacei e le arachidi. Da evitare sono anche i cibi piccanti o con sapori troppo forti, come le cipolle, gli asparagi e l’aglio, che possono alterare il sapore del latte. Per via della produzione del latte al fisico della donna è richiesto un consumo maggiore di energia.

Quotidianamente la neomamma produce 700ml di latte, per questo l’apporto calorico deve aumentare di circa 500 kcal. Come riportato dalla Società Italiana di Nutrizione Umana, nel periodo dell’allattamento il fabbisogno di calcio, fosforo, proteine, folati, vitamina C, B6, B12, A, E, D e zinco aumenta. Molto importante è anche una corretta idratazione. L’assunzione di acqua, infatti, deve aumentare di circa 700 ml, per questo la neomamma deve bere almeno due litri di acqua al giorno.


L’alimentazione delle donne in allattamento, quindi, dovrebbe comprendere:

• Una grande quantità quotidiana di acqua, tisane e infusi 
• Tre porzioni di frutta e due di verdura di stagione al giorno 
• Una porzione di carboidrati a pasto 
• Latte e yogurt quotidiani 
• Formaggi, carne, legumi, pesce, uova due o tre volte a settimana 
• Un consumo limitato di caffè, tè, dolci, snack e bibite

Il consumo di alcolici e fumo è da evitare come durante la gravidanza. Se durante la dieta la neomamma non riesce ad integrare tutte le sostanze nutritive richieste, può essere necessario assumere degli integratori prescritti rigorosamente dal ginecologo. Per riuscire a pianificare la giusta dieta nel periodo dell’allattamento è possibile consultare il proprio medico o un nutrizionista esperto. Per conoscere i corsi preparto presenti nella tua città puoi consultare il motore di ricerca gratuito su www.corso-preparto.it.

mercoledì 22 giugno 2016

Cellule staminali, grande importanza terapeutica

A cura di Ufficio Stampa Sorgente

Donazione cordone ombelicale o conservazione? Questo è un argomento molto discusso e di grande importanza dal punto di vista medico, infatti sono ormai moltissimi i ricercatori che occupano le loro risorse nell’indagare le potenzialità delle cellule staminali contenute nel cordone ombelicale, e ogni giorno compiono grandi passi avanti. Le cellule staminali del cordone ombelicale possono essere utilizzate per i trattamenti di diverse malattie, tra le quali malattie oncoematologiche, come la leucemia linfoblastica acuta, ed ematologiche, come l'anemia aplastica severa.

Normalmente lo standard terapeutico per questo tipo di patologie avviene con trapianti allogenici, ma in questo campo, il trapianto autologo di cellule staminali ha dato risultati positivi. Vediamo qualche esempio: nel 2007 una bambina di tre anni, affetta da leucemia linfoblastica acuta, è stata sottoposta a un trapianto autologo e, a un anno dall’operazione, il trattamento ha fatto sì che i suoi valori ematici tornassero normali e che, dopo solo 2 anni, non ci fosse più alcun segno di ricaduta1.

Uno studio più recente, del 2011, ha portato buoni risultati lavorando su tre pazienti differenti affetti da anemia aplastica severa. Dopo una terapia immunosoppressiva, si sono sottoposti tutti a trapianto autologo di cellule staminali cordonali e la malattia li ha abbandonati rispettivamente per quasi cinque anni, oltre tre anni e, nel terzo caso, per 17 mesi. L’ultimo paziente, il più difficile, si è sottoposto a un nuovo ciclo di terapia immunosoppressiva, a seguito del quale ha ritrovato per oltre due anni una nuova indipendenza dalla malattia che lo costringeva a continue trasfusioni di sangue 2.

Le cellule staminali possono intervenire anche nei disordini neurologici, come ad esempio la paralisi cerebrale. È in corso, infatti, uno studio clinico per valutare l'effetto di questa terapia su 184 bambini affetti da disordini neurologici, sottoposti a trapianto autologo: ad oggi, i risultati ottenuti non mostrano alcuna reazione avversa, a conferma della sicurezza del trapianto autologo di staminali cordonali3. Infine, alcuni studiosi hanno scelto il trapianto allogenico nel trattamento della emorragia alveolare diffusa, una complicanza molto rara ma molto grave, del lupus sistemico eritematoso che ha un tasso di mortalità che supera il 50%. Compiuto su quattro pazienti affetti da questa patologia, lo studio ha riportato un quadro clinico migliorato già dal primo mese, in cui i livelli di ossigeno nel sangue si sono normalizzati così come, passati sei mesi dall'intervento, i livelli di emoglobina, permettendo quindi di considerare il trapianto allogenico di cellule staminali come uno strumento terapeutico per i soggetti affetti da questa grave patologia4. Questi sono solo alcuni degli studi clinici, portati a termine o ancora in corso, che continuano ad indagare le grandi potenzialità terapeutiche delle cellule staminali del cordone ombelicale che si dimostrano strumento fondamentale nelle mani della medicina.

Per maggiori informazioni: www.sorgente.com

Note
1. Hayani A, Lampeter E, Viswanatha D, Morgan D, Salvi SN: First report of autologous cord blood transplantation in the treatment of a child with leukemia. Pediatrics 119:e296-300, 2007
2. Rosenthal J, Woolfrey AE, Pawlowska A, Thomas SH, Appelbaum F, Forman S: Hematopoietic cell transplantation with autologous cord blood in patients with severe aplastic anemia: An opportunity to revisit the controversy regarding cord blood banking for private use. Pediatr Blood Cancer
3. Sun J, Allison J, McLaughlin C, Sledge L, Waters-Pick B, Wease S, Kurtzberg J: Differences in quality between privately and publicly banked umbilical cord blood units: a pilot study of autologous cord blood infusion in children with acquired neurologic disorders. Transfusion 50:1980-1987
5. Clicca qui per leggere l'elenco delle patologie

martedì 14 giugno 2016

Come affrontare al meglio la prima gravidanza


A cura di: Ufficio Stampa Sorgente Genetica

Molti sono i dubbi che assalgono le gestanti quando sono alle prese con la loro prima gravidanza. Vanno adottati accorgimenti come seguire uno stile di vita sano ed equilibrato, ma anche eseguire un test di screening prenatale, per controllare la salute del piccolo.

In gravidanza si raccomanda di nutrirsi in modo sano, per consentire l'assimilazione di tutti gli alimenti necessari allo sviluppo del feto e all'apporto energetico alla mamma. Non bisogna esagerare, poiché mangiare troppo può agevolare la comparsa del diabete.
Fumo e alcool sono assolutamente vietati sia durante la gestazione, sia durante l'allattamento perché possono provocare malformazioni e problemi respiratori. Ciò che il corpo della donna assimila viene trasmesso al piccolo. L'alcool può causare la sindrome fetale alcolica (il feto rischia di nascere con problemi fisici e mentali gravi). Il fumo fa diminuire l’afflusso ematico diretto al feto e può causare una nascita prematura.

Quando ci si accorge di aspettare un bambino, è bene sottoporsi ad alcuni test ematici per verificare l’immunità della gestante a rosolia e toxoplasmosi e l’assenza di infezioni o malattie virali. Alcune malattie prese in gravidanza possono infatti nuocere al bimbo.
I farmaci in gravidanza sono consentiti dietro consiglio medico. Se la futura mamma è già in cura da prima dell'insorgenza della gravidanza ed è costretta a prendere farmaci ogni giorno, ci si dovrà rivolgere al medico specialista per fare un adeguamento alla terapia.
La salute del feto dipende anche da fattori quali l'età materna o la familiarità con malattie genetiche. Questi infatti possono aumentare la probabilità di insorgenza di anomalie cromosomiche, che possono essere rilevate tramite test di screening prenatale.

In gravidanza è doveroso sottoporsi a test di screening e di diagnosi prenatale, che devono essere consigliati dallo specialista sulla base della storia clinica della gestante. Fare test invasivi (amniocentesi, villocentesi, cordocentesi) vuol dire ottenere diagnosi certe al 100% sull’eventualità di anomalie fetali, ma significa anche affrontare un rischio di aborto dell’1%1.
Appartiene agli esami di screening prenatale che non presentano rischio di aborto, quindi non invasivi, il test del DNA fetale che analizza i frammenti di DNA del feto contenuti nel sangue materno. Questo test è in grado di accertare al 99,9%2 la presenza di Sindrome di Down, Sindrome di Edwards, la trisomia 13 e altre anomalie cromosomiche.

Per maggiori informazioni: www.testprenataleaurora.it


Fonti:
1. Medicina dell'età prenatale: Prevenzione, diagnosi e terapia dei difetti congeniti e delle principali patologie gravidiche ­Di Antonio L. Borrelli,Domenico Arduini,Antonio Cardone,Valerio Ventrut

2. Poster Illumina ISPD_2014 Rev A